Nicolo Donato ha la sua vita – buona parte di essa, almeno, di certo la più significativa – tatuata sulle braccia....
Frankie HI-NRG ora guarda molto più il dentro che il fuori
Frankie è tornato a casa.
Nella casa di suo padre e di sua madre, che non ci sono più.
Ci ha trovato una folla di ricordi – «e come fai a spiegare i ricordi» – di «mobili in mezzo ai quali ho vissuto, di episodi». Ci ha trovato per la prima volta «il lato umano dei miei genitori» e «un sentimento di nostalgia».
E sui ricordi che non si possono spiegare, sui mobili e gli episodi, Frankie HI- NRG ci ha scritto una canzone che si chiama Un uomo è vivo, che il 18 febbraio porta al Festival di Sanremo 2014 insieme a un altro brano: Pedala, entrambi inseriti nel suo nuovo – «sorprendente» dice – album, in uscita il 20 febbraio, sei anni dopo l’ultimo DePrimoMaggio.
Sei anni durante i quali l’artista torinese – uno dei fondatori del movimento hip hop italiano – ha «recitato in un film, condotto una trasmissione tv su Sky, fatto centinaia di fotografie» e un mucchio d’altre cose, perché «fortunatamente posso permettermi di scegliere cosa fare e quando farlo». «Da ragazzino volevo fare il fornaio o il falegname». E’ finita che a poco più di vent’anni gli venne fuori un pezzo come Fight da faida, che spopolò; e poco più tardi, nel 1997, una feroce bellissima trascinante invettiva contro gli arrampicatori sociali che era una profezia politica e portava il nome di Quelli che benpensano.
«Il mondo che denunciavo in quella canzone esiste ancora, anzi è peggiorato. E per questo mi sono rotto le scatole di raccontare l’attualità. Ora preferisco raccontare le persone».
Frankie HI-NRG è tornato a casa ed è cambiato: «Sono più brizzolato, un po’ sovrappeso; sicuramente più affascinante». Degli attuali esponenti della scena hip hop italiana dice: «Parlano delle donne come fossero zoccole e gli interessa soltanto dei soldi. Hanno meno tecnica», e a lui non piace neppure un po’.
Ora Frankie – che poi si chiama Francesco Di Gesù – guarda «molto più il dentro che il fuori».
E crede che quel che conta, per ognuno, «è fare comunità, sentirsi parte di un gruppo. Che tu sia leader o gregario».
Christian Poccia
Articolo pubblicato su GINO MAGAZINE nel febbraio 2014